LA LUCE DELLE ORIGINI

                                                  LA LUCE DELLE ORIGINI

 

La scultura di Paolo Pompei dimostra di essere il risultato di un accurato lavoro di ricerca
e di sintesi delle conoscenze nel campo della materia innanzitutto.
La scelta della terracotta, associata a nuove sperimentazioni sui metalli, non lo volge
verso tecniche già “collaudate”, appartenenti al bagaglio, enorme, della cultura artistica
tradizionale, in particolar modo a quella della maiolica istoriata, già indagata nelle prime
prove scultoree dell’artista.
Pompei preferisce esperire personalmente nuovi approcci alla materia che predilige, rivelando
la necessità di voler creare, inevitabilmente per ogni artista, una propria espressività.
Da questo intento non poteva che risultare una scultura nuova che attrae, inizialmente,
proprio per la straordinaria resa delle sue superfici, animata, oltre che dalle modulazioni
cromatiche degli smalti decorativi, da un nuovo modo di essere della stessa ceramica,
scura ma brillante grazie agli effetti luministici del bronzo e dei metalli fusi o accostati ad
essa. Il riappropriarsi delle tecniche etrusche e cinesi antiche, ancora solo parzialmente
conosciute e continuamente sperimentate in maniera ed esiti diversi, ha un parallelo nella
ripresa delle forme archetipiche del neolitico. I grandi contenitori proposti dall’artista in
molte versioni e le sculture dal significato oscuro e inquietante, quasi un eco lontana ed
esoterica, sono anch’essi i prodotti di un continuum sperimentazione e riproposizione di
modelli primordiali dell’arte, alla luce di un personale sentimento, certamente toccato
dall’incapacità di poter penetrare nelle loro remote origini, ma certamente spinto a trovare
le loro “verità”. L’aspetto formale riflette questo atteggiamento di perenne disponibilità alla
conoscenza nella struttura aperta delle linee che l’attraversano: sia nell’aprirsi e nel dilatarsi
dei vasi e delle grandi forme concave e convesse, sia nelle punte acuminate di certi
volumi, e soprattutto nelle linee spiroidali che, a volte grazie al metallo e alla sua proprietà
di far vivere la luce, manifestano con forza una spinta verso l’alto. Proprio questo movimento
di ascesa, nella apparentemente contraddittoria staticità delle figure, che definisce
nelle opere di Pompei una componente mistico-sacrale aiutata spesso dai primitivi decorativismi
geometrici. Dunque, materia-colore-forma, tre processi complessi e fondamentali
dell’arte che l’autore riscopre in una precisa e nuova ipotesi di sviluppo.
di Lara Cicetti
Critico d’Arte

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